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26 gennaio 1943...Nikolajewka

Ultimo Aggiornamento: 29/01/2009 16:50
26/01/2009 14:46
 
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Un saluto a tutti i soldati italiani
Apro questo post per gli appassionati di storia, specialmente di quella che ci appartiene come italiani.
66 anni fa, la battaglia di Nikolajewka.

Un sunto tratto da Wikipedia.

Già dalle prime ore del mattino, la colonna formata dalle truppe in fuga dalla Russia viene fatta oggetto di un bombardamento da parte di quattro aerei dell'Armata Rossa.

In vista delle prime isbe del villaggio, viene mandata all'attacco la Tridentina, unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere. Particolarmente significativi durante questo attacco sono le azioni dei battaglioni Vestone, Verona, Valchiese e Tirano. I russi sottopongono ad un fuoco costante i nostri militari, grazie all'uso di mortai, mitragliatrici e carri armati: gli italiani che combattono sono pochissimi rispetto ai russi, visto che buona parte della nostra colonna era costituita da sbandati, soldati privi di armi e senza comando, sopravvissuti a lunghe marce nella steppa spazzata da burrasche di neve. Nonostante ciò, per tutto il pomeriggio le truppe italiane tengono testa all'esercito sovietico.

In serata si uniscono alle forze all'attacco i battaglioni Battaglione Alpini Edolo e Valcamonica e gli uomini della Tridentina, guidati dal generale Luigi Reverberi, riescono ad aprire un varco fra le linee russe grazie all'utilizzo di un carro armato tedesco ancora utilizzabile e alla grande forza di volontà (unita alla disperata ricerca della salvezza).


Dalla motivazione della medaglia d'oro al valor militare conferita a Luigi Reverberi per il suo comportamento in questa battaglia si legge:

Alla testa di un manipolo di animosi, balza su un carro armato e si lancia leoninamente, nella furia della rabbiosa reazione nemica, sull'ostacolo, incitando con la voce e il gesto la colonna che, elettrizzata dall'esempio eroico, lo segue entusiasticamente a valanga coronando con una fulgida vittoria il successo della giornata ed il felice compimento del movimento.Esempio luminoso di generosa offerta, eletta coscienza di capo, eroico valore di soldato.
Il prezzo pagato è altissimo: migliaia di soldati italiani cadono sotto i colpi dell'artiglieria nemica, altrettante migliaia sono i feriti. Nonostante questo bagno di sangue, la battaglia di Nikolaevka deve essere considerata una vittoria dell'esercito italo-tedesco: grazie a questo successo, si riesce infatti ad aprire un varco nella sacca del Don e il 31 gennaio 1943 la colonna riesce a raggiungere Shebekino e dunque la salvezza presso le linee amiche.


Un saluto a tutti i soldati italiani che dimostrarono un valore immenso, e si sacrificarono salvare altri soldati.

Fabrizio
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Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma i silenzi dei nostri amici. Martin Luther King.
26/01/2009 15:11
 
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Bell'iniziativa Fabrizio, quoto al 100% le tue parole, e ti ringrazio del post. [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
Ciao Graziano. [SM=g27823]
"La vita è una maestra dura....ma impari....Dio se impari!"






26/01/2009 15:36
 
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Ottimo post per ricordare.

Grazie.
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Yogurt alias Andrea Martin

"Sto cercando disperatamente di capire perche' i piloti kamikaze si mettessero i caschi in testa..."
- Dave Edison

26/01/2009 19:16
 
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E se non ricordo male gli Alpini Italiani furono considerati dai russi per molti anni gli unici ad uscire da quella sacca imbattutti
Certo per i ragazzi che rimasero là questo importa poco ma altri per merito loro ritornarono a casa anche se molto pochi rispetto a quelli che partirono.
Un Saluto a quegli oscuri Eroi
[Modificato da Zio Vecchio 26/01/2009 19:17]
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La Vecchia Guardia muore ma non si arrende
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26/01/2009 20:39
 
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Riposa in Pace
Onore a questi valorosi che con armamenti ed equipaggiamenti inadatti, seppero comunque tenere alto l' onore della patria...non dimentichiamo mai che la loro bandiera da combattimento è l' unica che l' armata rossa non riusci' a prendere!


Marco - Indipendent Brigade

26/01/2009 21:04
 
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un saluto a coloro che tornarono e una preghiera per quegli eroi che caddero
26/01/2009 21:31
 
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Sono ormai passati più di 50 anni dal quel giorno ma per chi conosce la storia e sa ricordare e' sempre difficile credere come i resti di quel che era il Corpo d’Armata Alpino riusci' a svincolarsi, dopo una tragica ed estenuante lotta contro i reparti sovietici, convinti ormai che la sacca del Don dovesse cedere ritenendo le Divisioni Alpine sfinite dai numerosi combattimenti affrontati in ritirata nella steppa nonché dal gelo la cui temperatura in quei giorni oscillava tra i 38 e i 44 sotto zero.

Chi e' tornato ricorda i mucchi di Alpini morti congelati, nelle più strane posizioni e formanti blocchi cui il gelo aveva dato strane forme simili a macabri monumenti della steppa come ci enuncia Umberto Quattrino reduce del quale ho voluto sintetizzare alcuni brani.

Grande compostezza dovremmo avere verso di Loro quando qualcuno parla del comportamento del soldato italiano in quegli anni e cercare le risposte altrove.

Giacomo
26/01/2009 22:16
 
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Sono completamente daccordo con tutto quello che avete detto !!
Bel post ...grazie per averlo condiviso con noi !! [SM=g27811]
Peccato che nelle scuole non se ne parli !!!!!
26/01/2009 23:37
 
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Max in Germania ed in Italia si tende a non trattare quel periodo!
Onore ai Nostri Caduti di Russia di Afrika e in qualsiasi parte del mondo
Gabriele
"Siete solo Chiacchere e Distintivo"
Come dico sempre:Io non sono Bello,Io sono un Figo
Patata Docet Semper
"All our ignorance brings us closer to death"
"Only the Dead have seen the end of war" Plato
26/01/2009 23:48
 
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Ma cè una bella differenza, i tedeschi si sentono tali SEMPRE, noi ogni quattro anni, e per un paio di mesi...


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Fiero di essere modellista senza padrone
29/01/2009 11:29
 
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Per ritter
Guarda che non vi erano solo alpini durante la ritirata, infatti a partire dal giugno 1942 viene inviato in Russia il XX Corpo d’Armata con le Divisioni di fanteria Cosseria,
Ravenna e Sforzesca. Tre legioni di Camicie Nere (Montebello Leonessa e Valle Scrivia) sono messe a
disposizione dei comandi del Corpo d’Armata della fanteria. Ad agosto sono raggiunte dalle tre Divisioni
alpine Tridentina, Cuneense e Julia e dalla divisione di fanteria Vicenza destinata a compiti di occupazione.
Queste nuove unità, insieme a quelle già presenti in Russia, costituiscono l’ARMIR (Armata Italiana in
Russia), al cui comando è posto il Generale Italo Gariboldi. Essa ha una forza di 220.000 uomini, 988
cannoni, circa 420 mortai, 17.000 automezzi, 25.000 quadrupedi e 64 aerei.
A novembre del 1942 lo schieramento su un fronte di 270 km lungo il Don era cosi distriduito:
Tridentina
all’estrema ala sinistra a contatto con
l’Armata Ungherese;
Julia,
Cuneense,
Cosseria,
Ravenna,
Pasubio,
Torino,
Celere,
Sforzesca
a contatto con l’Armata Romena.
Tra la Ravenna e la Pasubio
venne inserita
la 298a Divisione di Fanteria tedesca.

non per togliere nulla agli alpini, ma solo perchè dell'ARMIR faceva parte anche mio nonno I° Rgt. Pontieri. - IX° Btg - 22° Cmp. che non fece più ritorno, e per lungo tempo considerato disperso, fino a quando nel 2006 dopo alcune ricerche, sono riuscito a sapere che venne catturato il 18 o 19 Dicembre 1942 e
Imprigionato nel Campo n°58 sezione 4
di Temnikov, Mordovia, Russia e in seguito mori l'8 Luglio 1945 in prigionia

Ciao Gianni

PS- inutile segnalarvi "100.000 gavette di ghiaccio" di Giulio bedeschi per provare solo a capire cosa hanno dovuto affrontare le ns. truppe


..."E sino alla fine del Mondo
Giorno non passerà senza che vengano menzionati i nostri nomi;
Noi pochi, noi pochi e felici, noi schiera di fratelli;
Poiché chi oggi spargerà il suo sangue con me
Sarà mio fratello"...(Enrico IV)

www.clubilcaravaggio.it
29/01/2009 14:28
 
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Questa estate ho iniziato a leggere la trilogia "Il cavallo rosso" di Eugenio Corti.

L'opera si sviluppa in tre libri:
Il cavallo rosso, che dà il titolo a tutta l'opera e racconta le vicende della prima parte della guerra (anni 1940-1943);
Il cavallo livido, che racconta la seconda parte della guerra (biennio 1943-1945) con tutti i suoi tragici strascichi;
L'albero della vita, che narra le vicende relative alla ripresa della vita quotidiana dopo il conflitto, spingendosi fino agli inizi degli anni Settanta (si arriva fino al 1974).

Ho finito i primi due volumi, dove Corti narra di personaggi che come lui combatterono (lui come ufficiale di artiglieria).
Consiglio l'opera a tutti quelli che vogliono approfondire e conoscere meglio cosa successe in quei luoghi, durante quei tragici momenti.
Sto ultimando il terzo libro che parla del dopoguerra e della lenta ripresa dell'Italia e degli italiani, ma questa è un'altra storia, figlia degli eventi precedenti.
Nei libri si fa riferimento al fatto che i russi avevano una paura fottuta dei bersaglieri, che chiamavano "galletti".
Quando incontravano delle truppe italiane cercavano subito con i binocoli di capire se tra di esse ci fossero dei caschi piumati, e se c'erano se la davano a gambe o si defilavano.
Questo per far capire che alla fine gli italiani, per quanto male armati, male equipaggiati, non mancarono mai di coraggio.
Ne qui, ne in Africa, ne in Grecia dove si potrebbe aprire un altro succoso post.

Fabrizio
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Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma i silenzi dei nostri amici. Martin Luther King.
29/01/2009 16:11
 
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Mio zio, ancora in vita [SM=g27817] , questi avvenimenti li ha vissuti in prima persona: alpino della Julia si fece tutta buona parte della ritirata in ginocchio, a causa di un congelamento ad entrambi i piedi (è privo delle dita)e aggrappato alla sua schiena aveva un suo camerata, diventato cieco a causa del riflesso del sole sulla neve. Quelle poche volte che non gli pesava raccontare quest'avventura, mi ha raccontato cose agghiaccianti su quello che vide capitare agli altri...

29/01/2009 16:50
 
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Caro Gianni( Eire ), conosco l'organico e la dislocazione dello CSIR prima e dell'ARMIR poi , ma io ho cercato di rispondere al post
precedente di Zio Vecchio che faceva riferimento limitatamente alla considerazione che i russi avevano sull'imbattibilita' degli alpini.

In riferimento al tuo povero nonno ,posso solo dirti che ce ne furono tanti che non tornarono e il pensiero della madre patria e'
sempre andato a tutti i soldati di tutte le armi .

A presto Giacomo
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