Trucks & Tank Magazine

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paparoberto1942
00mercoledì 7 gennaio 2015 15:05
Re:
madmacs, 05/05/2014 01:28:

Porsche ha avuto un grande merito: ha saputo trovare il punto G di hitler e lo ha sfruttato portando avanti progetti che han drenato soldi e risorse al reich..... sieg heil a tutti e due



assolutamente vero. Ferdinand Porsche ebbe idee di avanguardia incongrue con le possibilità tecnico-produttive della Germania in guerra. Basta pensare alla trazione diesel elettrica dei Tiger da lui proposta: in un paese che già cominciava a scarseggiare di metalli industriali e di carburante lui proponeva un sistema che richiedeva grandi quantità di rame e una maggior disponibilità di carburante per distanza percorsa rispetto alla trazione a benzina del Maybach. Senza parlare delle sospensioni del Tiger II...ciao.


.Bender.
00mercoledì 7 gennaio 2015 17:52
Ciao Paparoberto,
ti elogio sia per aver colto lo scopo di fondo di queste mie brevi recensioni sia per essere abbonato fedele delle edizioni Carakter!
Io non arrivo ancora a tanto ma temo che sarò costretto a farlo vista la chiusura delle Messaggerie Musicali a Milano che era mio fornitore di fiducia per la stampa internazionale...

Concordo con te sul fatto che in linea di massima le pubblicazioni Carakter siano mediamente di altissimo livello. Assoluta invidia per i cugini d'oltralpe che possono acquistare in edicola pubblicazioni del genere.

Ciò non significa che tutto sia oro colato. Alcuni numeri abbassano la media e, ritengo, soprattutto T&T e Ligne de Front soggette a forti variazioni nella qualità. Cosa, forse, (anche) dovuta alla folosofia editoriale a volte confusa che li riguarda.
Mediamente B&B ha articoli migliori di queste due riviste.

Confermo anche io l'eccezionale qualità dei due numeri speciali dedicati ai reggimenti Tiger. Li ho letti troppo tempo fa per poter essere ora oggetto di una mia personale recensione ma li consigli anche io a tutti!
[SM=g27811]




paparoberto1942
00mercoledì 7 gennaio 2015 18:32
Caro Andrea,

personalmente sono abbonato nel senso che "la libreria militare" di milano, via vigna (zona centro) (tel. 02 89010725) mi tiene da parte ogni numero delle riviste a cui sono "abbonato" e a intervalli regolari li vado a ritirare, dopo che loro me ne hanno segnalato l'arrivo. Preferisco questo sistema rispetto al tradizionale abbonamento postale perchè ho perso troppi numeri GRAZIE alle nostre ineffabili poste italiane....

concordo del tutto con te sulla graduatoria delle tre riviste, a cui aggiungo x il suo valore storico-documentario, Militaria HS.
Ciao.

Roberto.
.Bender.
00venerdì 23 gennaio 2015 00:20
Grazie, lo terrò presente come ottima alternativa! [SM=g27811]

Trucks & Tank Magazine n.45 - Septembre/Octobre 2014

Ecco un numero della rivista “Trucks & Tank” come, a mio parere, non ne capitavano da un po’ di tempo. La rivista si apre con un articolo sul Flakpanzer IV “Mobelwagen” che non si discosta dalla media di altri scritti similari in quanto si limita ad una descrizione delle ragioni che portarono allo sviluppo del mezzo e ad una descrizione delle varianti dello stesso con poche righe di storia operativa. La stessa cosa si ripete per altri soggetti (ad esempio il camion Fiat 665 NM) e, come, usuale, la rivista si conclude con un comparativo avente, in questa occasione, oggetto il Panzer III Ausf. L ed il Crusader Mark. II.
Degni di particolare nota sono due articoli, uno dei quali è quello a cui è dedicata la copertina: il raffronto Sherman/Panther. Il soggetto può non essere particolarmente nuovo ma è affrontato in modo originale e molto costruttivo non limitandosi ad un confronto puramente tecnico ma considerando anche le numerose variabili che influirono sulla concezione, sviluppo ed impiego dei due carri. Già molto si è scritto sui pregi ed i difetti di entrambi i veicoli e l’articolo non manca di affrontarli in modo efficace anche aggiungendo dettagli, riflessioni ed aneddoti che rendono la lettura di grande interesse e mai scontata o ripetitiva. Ad esempio, non sapevo che gli Alleati Occidentali sottostimarono ampiamente il potenziale tecnico ed operativo del Panther fino a quando non si scontrarono con quest’ultimo in Normandia. Essi, infatti, basarono le proprie valutazioni solo su quanto comunicato loro dai Russi a seguito della battaglia di Koursk, ove fu per la prima volta impiegato il Panther. Si diffuse, perciò, l’idea di un carro non solo dalla insanabile fragilità meccanica ma anche di produzione così limitata da essere impiegato in battaglioni specializzati come i Tiger I. Ciò contribuì, quindi, ad escludere la necessità di un potenziamento dello Sherman in quanto il Panther fu considerato una sorta di fratello minore del Tiger I e, in quanto tale, un carro costruito in pochi esemplari e dall’efficacia ridotta per limitazioni tecniche e difficoltà logistiche (idea convalidata dalla pessima prestazione dei Tiger I in Italia). Ciò rende facilmente comprensibile l’amara sorpresa che rappresentarono i Panther Ausf.A in Normandia quali carri meccanicamente migliorati rispetto al precedente Ausf.D (penalizzato da molti difetti di gioventù) e, non cosa secondaria, presente in gran numero in quanto equipaggianti uno dei due reggimenti corazzati delle Panzerdivision modello 1944. Realtà che impose agli Americani, privi di una risposta efficace come lo Sherman Firefly inglese, si recuperare in fretta e furia ogni esemplare disponibile di Sherman armato con cannone da 76 millimetri.
Inoltre, resta sempre sorprendente leggere e rileggere di come che lo Sherman consumasse più di un Panther e di come esso uscisse sconfitto da confronti con quest’ultimo correlati, ad esempio, ai cavalli potenza per tonnellata o alla pressione al suolo.
Altrettanto interessante è, a mio parere, anche il breve articolo dedicato allo Jagdpanzer 38(t). Esso riprende le conclusioni di uno scritto apparso nei primi numeri della rivista per modificarne ed aggiornarne il contenuto applicando un punto di vista diverso e, secondo me, più corretto. Valutare, infatti, uno Jagdpanzer 38(t) alla stregua di un caccia carri come lo Jagdpanther non rende giustizia al veicolo perché comporta parametri (mobilità, corazza, potenza di fuoco) fuori scala. Lo Jagdpanzer 38(t) è da considerare come uno dei risultati a cui portò la spinta verso la generale motorizzazione dell’esercito finalmente avviata dall’industria bellica tedesca nel 1944. Lo Jagdpanzer 38(t) va inquadrato come una piattaforma semovente, in altre parole come un Waffentrager, con funzioni anticarro. Di fatto si tratta di un Pak-40 capace di muoversi e dotato di una corazza abile a proteggere integralmente i serventi (altro vantaggio apportato rispetto alla famiglia dei Marder). Questo aspetto non è da sottovalutare e dovrebbe far considerare in modo ben diverso le pessime valutazioni normalmente correlate ai progetti tedeschi di Waffentrager. Essi non sono dei carri armanti senza speranze bensì dei cannoni in grado di muoversi autonomamente. E’ un aspetto di grandissima importanza comportante un vantaggio non indifferente. Basti pensare, su questo l’articolo da un’informazione preziosa, che nel 1943 l’esercito tedesco perse un Pak-40 ogni tre in servizio, nel 1944 ne furono distrutti tre su quattro. Perdite dovute al fatto che i cannoni al traino non potevano essere spostati rapidamente comportandone, a causa dell’abbondanza di mezzi di cui godevano gli avversari, la distruzione non appena il primo sparo ne rilevava la presenza. I Waffentrager supplivano a tale handicap e, difatti, era stato previsto che essi sostituissero tutti gli armamenti al traino già nel modello di Panzerdivision elaborato per il 1945.


plgGe
00venerdì 23 gennaio 2015 11:39
Ciao .Bender.,
grazie per la puntuale recensione.

Ti chiedo una spiegazione.
"... nel 1943 l’esercito tedesco perse un Pak-40 ogni tre in servizio, nel 1944 ne furono distrutti tre su quattro. Perdite dovute al fatto che i cannoni al traino non potevano essere spostati rapidamente comportandone, a causa dell’abbondanza di mezzi di cui godevano gli avversari, la distruzione non appena il primo sparo ne rilevava la presenza... I Waffentrager supplivano a tale handicap e, difatti, era stato previsto che essi sostituissero tutti gli armamenti al traino già nel modello di Panzerdivision elaborato per il 1945."



La distruzione di 1 cannone trainato su 3 significa una perdita del 33%, mentre ne sono stati distrutti 3 su 4, cioè il 75%, di quelli mototrizzati.
Se non ho capito male quanto scritto (e mi pare logico che un cannone più facilmente spostabile sia più difficilmente centrabile dalle forze nemiche) non mi è chiaro come si possa sostenere che i Waffentrager abbiano supplito all'handicap se la percentuale di distruzione è aumentata.

Grazie per l'attenzione.


Jertyk12
00venerdì 23 gennaio 2015 13:26
Ciao Pier, scusa se mi intrometto.....
Bender ha fatto la distinzione di anni, ma sempre di pak 40 si parla e quindi cannone al traino.
E' ovvio che un Waffentrager essendo autonomo negli spostamenti fosse migliore. [SM=g27823]


ps Grazie a Bender per le recensioni. [SM=g27811]


.Bender.
00venerdì 23 gennaio 2015 18:32
Sì, confermo.
Il raporto 1 su 3 del 1943 e 3 su 4 del 1944 è sempre riferito ai Pak-40. [SM=g27811]
Aggiungo per scrupolo che di Waffentrager veri e propri (piattaforme cingolate con apposto sopra il semplice affusto di cannoni concepiti a traino) ne entrarono in servizio pochissimi prima della fine della guerra. Volevo solo evidenziare che sviluppare un tale tipo di armamento trova giustificazioni importanti nel momento in cui si valutano dati come le perdite sopra citate.
Grazie o voi! [SM=g27823]

.Bender.
00lunedì 16 febbraio 2015 15:34
Trucks & Tank Magazine n.47 - Janvier/Fevrier 2015

Grazie alla copertina, il numero in oggetto di “Trucks & Tank” si presenta, almeno per me, di grande interesse.
Da sempre assai interessato alla battaglia di Berlino, non ho potuto fare a meno di leggere tutto d’un fiato l’articolo principale della rivista consacrato allo stravagante bestiario corazzato che i Tedeschi raccolsero per l’ultima, disperata difesa della città. In realtà, lo scritto in questione è assai vago.
Il testo più corposo è dedicato ad un breve sunto dei fatti che portarono all’assedio della capitale, quanto segue è una carrellata di veicoli, fortificazioni ed armamenti che ebbero impiego a volte unico nel contesto dell’assedio alla capitale del III Reich.
Le foto sono ben note, i disegni tecnici non aggiungono nulla di apprezzabile e lo scritto non è particolarmente illuminante. Quest’ultimo aspetto non deve particolarmente sorprendere, le informazioni disponibili sui combattimenti di Berlino sono minime e spesso inesistenti quando ad essere coinvolti sono veicoli unici o poco più.
Il fatto, però, che il testo si dimostri confuso e ridotto ai minimi termini anche per soggetti ben più noti come le PantherStellung e le torri antiaeree della città, suggerisce che, avendo voluto, si sarebbe potuto redigere un articolo migliore nonostante l’argomento difficoltoso.
Come in altri casi, si tratta di una trattazione di stampo enciclopedico, un’infarinatura in vista di approfondimenti che il lettore interessato potrà facilmente recuperare anche per mezzo di pubblicazioni delle stesse Edizioni Carakter.
Non migliorano le sorti del numero in oggetto né un articolo dedicato alle differenze tecniche fra le varie versioni del Panzer IV Lang, di natura troppo didascalica e dalla lettura noiosissima, né i restanti scritti contenuti nella rivista. Uniche eccezioni sono i testi sul T-72 jugoslavo e, soprattutto, l’articolo dedicato al FAMO.
Quest’ultimo meriterebbe di essere indicato all’editore come ottimo esempio di come uno studio, seppur incentrato sugli aspetti tecnici di un veicolo, possa essere di lettura scorrevole, interessante ed approfondito.
Dimostra una grande preparazione dell’autore, entra in dettagli minuti ma riesce sempre a mantenere alta l’attenzione del lettore offrendo a quest’ultimo un quadro completo, approfondito e coinvolgente. Solo per fare un esempio, non ero assolutamente al corrente del fatto che un lotto produttivo di FAMO avesse ricevuto il motore diesel Tatra 103 sviluppato dalla Skoda per l’autoblinda Sdkfz. 234 o che alcuni esemplari furono dotati dell’argano poi montato sul Bergepanther.

.Bender.
00domenica 12 luglio 2015 23:10
Trucks & Tank Magazine n.48 - Mars/Avril 2015

Come si evince prontamente dall’immagine in copertina, il numero in oggetto di “Trucks & Tank” è per lo più consacrato agli Jagdpanzer tedeschi. L’articolo ad essi dedicato si distingue da altri sullo stesso argomento grazie ad un’apprezzabile scelta editoriale che ha permesso all’autore di concentrarsi più sui conflitti di interesse esistenti in seno alle alte gerarchie della Whermacht piuttosto che ad una ripetitiva nomenclatura di modelli e versioni. Leggendo l’articolo di scopre che, durante l’intero conflitto, perdurò una vera e propria lotta intestina fra la Sturm-Artillerie, desiderosa di ampliare la propria sfera di influenza con la produzione di cannoni semoventi esclusivamente destinati alle proprie unità (Sturmgeschutz-Abteilung), e la Panzer-Waffe costantemente affamata di carri armati dotati di torretta per completare i ranghi delle proprie Panzer-Divisionen. Ad avere ruolo centrale in questo conflitto interno e a far vincere quasi sempre la seconda fazione, fu il Generaloberst Heinz Guderian, padre delle divisioni corazzate tedesche e della famosa BlitzKrieg. Guderian si batté senza sosta contro la tendenza dell’apparato militare tedesco a concentrare la produzione più sui cannoni d’assalto che sui carri tradizionali e ciò nonostante gli importanti successi ottenuti sul campo dagli Sturmgeschutz III e IV. In altre parole, la valutazione prettamente tattica legata al vantaggio offerto da un carro dotato di torretta, si scontrava con il pragmatismo di veicoli polivalenti ed ottimali in difesa come erano i cannoni d’assalto che, tra l’altro, permettevano una produzione accelerata e meno costosa. Difficile dire quanto abbia o avrebbe favorito la Whermacht il prevalere di una o l’altra corrente, resta in ogni caso sorprendente con quanta facilità ciò portò lo stesso veicolo a subire repentini e continui cambi di nome nel corso della sua carriera militare (l’Elefant/Ferdinand, ad esempio, cambiò designazione diciotto volte in poco più di due anni). Definire un cannone semovente Sturmgeschutz o Jagdpanzer non era questione di poco conto poiché, nel primo caso, rientrava nella sfera di influenza della Sturm-Artillerie, nel secondo, della Panzer-Waffe. Si scopre così che lo Jagdpanzer IV/L48 era nato per essere il nuovo Sturmgeschutz ma fu l’influenza di Guderian a farlo diventare uno Jagdpanzer sottraendolo alla competenza diretta della Sturm-Artillerie. Stessa cosa si ripeté per lo Jagdtiger mentre è decisamente più difficile comprendere come poterono essere considerati inizialmente Sturmgeschutz veicoli come lo Jagdpanther che, in quanto dotati del Pak-43 a vocazione indiscutibilmente anticarro, sarebbero stati sprecati per ruoli di semplice supporto alla fanteria.
La rivista è completata principalmente da un articolo sul Saint Chamond della Prima Guerra Mondiale e dall’originale Stridsvagn 103, erede ideale dell’E-10. Come usuale, le ultime pagine sono dedicate ad un confronto fra veicoli da combattimento, nel caso specifico fra l’Archer inglese ed il Nashorn tedesco. Si è dimostrata, questa, un’ottima occasione per scoprire un’assurdità altrimenti inconcepibile: l’Archer aveva il cannone puntato verso il retro del veicolo e il pilota, se non voleva essere decapitato, doveva abbandonare il posto di guida al momento dello sparo. Potete ben immaginare che cosa questo significava nel contesto di un mezzo privo di torretta...
.Bender.
00domenica 23 agosto 2015 23:07
Trucks & Tank Magazine n.49 - Mai/Juin 2015

Quello in oggetto è uno dei migliori numeri di “Trucks & Tank” che mi sia mai capitato di leggere. Gli articoli contenuti, grazie ad una natura meno tecnica di quella usuale per la rivista, si sono dimostrati di lettura estremamente interessanti e di ottima fattura. Si inizia con un lungo scritto dedicato alle guerre asimmetriche che stanno infiammando il medio oriente e che sembrano essere destinate a riscrivere le regole dei conflitti futuri. Partendo dalla Grande Guerra, viene tracciata la nascita e lo sviluppo di quelle unità che, giocando su mobilità e rapidità, furono destinate ad incursioni nelle retrovie in ambiente desertico. La validità ed efficacia di questo modus operandi fu confermato anche nei conflitti locali che, in Africa Settentrionale, si susseguirono dopo l’ultimo conflitto mondiale. Sulla base di questo excursus storico, vengono fornite al lettore le basi necessarie per comprendere alcune delle ragioni dei successi militari dell’Isis ed i motivi perché tali milizie sono tanto legate ai rapidi ed affidabili Pick Up Toyota. Tutto ciò senza dimenticare le numerose altre ragioni che stanno favorendo i tagliagole islamici a cominciare dalle rivalità fra Sciiti e Sunniti nonché l’atavica inconsistenza del nuovo esercito irakeno che, nonostante i soldi ed i materiali americani, è piagato e reso inefficace da una generale e radicata corruzione a tutti i livelli di comando. Il risultato finale è un articolo di una dozzina di pagine dalla lettura intensa e capace di spiegare molte più cose di un qualunque servizio televisivo.
Segue un efficace dossier con i profili dei Tiger I su cui combatté Michael Wittmann nel corso della sua lunga carriera ed un molto ben scritto articolo che, in modo succinto ma assai valido, spiega le ragioni che portarono allo sviluppo di alcuni armamenti della Wehrmacht (spesso oggetto di pregiudizi ingiustificati) ma, soprattutto, sfata molte leggende ormai radicate oltre ogni ragionevolezza (come, ad esempio, che il “Panther II” avrebbe sostituito il suo predecessore nel 1946).
Si aggiunge un reportage sul “Panther” Ausf. F che è fra i migliori abbia mai letto. Chiaro, approfondito, molto ben dettagliato ed accompagnato da un corredo fotografico preciso, lo consiglio vivamente a tutti coloro che volessero avere un quadro preciso e completo su questo carro ancora circondato da troppo mistero. Resta inteso che, traendo la sua principale fonte di informazione da Panzer Tracts, questi ultimi restano le pubblicazioni migliori da avere sull’argomento. Tutto dipende dal vostro interesse, dalla disponibilità dei volumi in questione e dalla disponibilità economica. Se quest’ultima dovesse essere limitata, l’acquisto di questo numero di “Trucks & Tank” è un ottimo modo per supplire alla mancanza dei due volumi di Panzer Tracts dedicati all’argomento.
La rivista si conclude con la prima parte di un articolo dedicato agli Half-Tracks americani (ottimo per capire le differenze fra M2, M2A1, M3, M3A1, M5, M5A1, M9 e M9A1) e con l’usuale comparativo, questa volta ad oggetto l’M103A1 americano ed il T-10M sovietico (ad entrambi sono stati dedicati recenti kit, perciò si tratta di pagine assai interessanti per capire di che carri stiamo parlando).


.Bender.
00sabato 19 dicembre 2015 16:56
Trucks & Tank Magazine n.50 - Juliet/Aout 2015

Il numero in oggetto della rivista francese “Trucks & Tank” è incentrato su un articolo dedicato ai Waffentrager. A partire dal 1944, l’industria bellica tedesca avviò un serio ripensamento dell’intera struttura produttiva allo scopo di razionalizzare i processi e standardizzare il più possibile la componentistica dei veicoli che, a partire dal 1946, avrebbero soppiantato quelli in servizio. Emblematica in questo senso è la serie E (Entwicklung), meno noti sono i Waffentrager, piattaforme cingolate destinate a rendere semoventi una gran varietà di sistemi d’arma. Consentire ad armamenti comunemente statici di muoversi autonomamente comporta un vantaggio tattico di grandissima importanza. Basti pensare che nel 1943 l’esercito tedesco perse un Pak-40 ogni tre in servizio, nel 1944, a causa del rapporto di forse sempre più a favore degli eserciti avversari, ne furono distrutti tre su quattro. Perdite dovute al fatto che i cannoni al traino non potevano essere spostati rapidamente comportandone la quasi certa distruzione non appena il primo sparo ne rilevava la presenza. I Waffentrager avrebbero permesso il rapido spostamento del pezzo evitando l’accerchiamento ed il fuoco di controbatteria. Rapidità che non sarebbe stata possibile per un arma statica essendo necessari tempi lunghi sia per la messa in assetto di trasporto che per l’aggancio ad un apposito veicolo da traino. Al contrario, i Waffentrager avrebbero potuto allontanarsi velocemente dalle aree divenute pericolose aumentando esponenzialmente le probabilità di salvare il cannone ed i serventi. Tale capacità era divenuta essenziale per la Germania dato il forte deperimento delle capacità militari della Wehrmacht a fronte del costante aumento del numero di mezzi corazzati avversari. I Waffentrager avrebbero avuto un ruolo talmente importante nelle future forze armate tedesche che, già nel modello di Panzerdivision elaborato per il 1945, era previsto sostituissero tutti gli armamenti al traino. Su queste basi, l’articolo in questione tratta i progetti realizzati dalle industrie coinvolte che, tutti armati dall’eccellente cannone anticarro Pak-43 da 8.8 cm., furono i seguenti: Ardelt-Rheinmetall, Steyr e Ardelt-Krupp. Di questi sono date le caratteristiche tecniche, i risultati delle valutazioni dei prototipi e, quando disponibili, le informazioni sull’uso in combattimento.
La rivista propone altresì un interessante articolo sui carri pesanti multi torretta giapponesi, una disanima sul nuovo MBT russo, una serie di interessanti profili sui carri personali di Rudolf Von Ribbentrop, un breve trattato sullo Jagdpanzer E-100 ed il comparativo fra il Wespe ed il Priest.
Nel complesso lo giudico un ottimo numero di “Trucks & Tank” a patto, come sempre, che sussista un interesse per gli argomenti trattati.
.Bender.
00mercoledì 31 agosto 2016 23:02
Trucks & Tank Magazine n.57 - Septembre/Octobre 2016

A seguito della chiusura di quella istituzione milanese che erano «Le Messaggerie Musicali», ho qualche difficoltà a procurarmi i nuovi numeri delle riviste pubblicate da CaraktereSarl. Non che sia una particolare tragedia visto il gran numero di arretrati che devo ancora leggere ma ciò non diminuisce la mia apprensione sull’argomento. Nel caso in questione, provvidenziali sono state le vacanze estive che mi hanno permesso di comprare la rivista in oggetto grazie ad una breve tappa in Alsazia. L’occasione non poteva essere più favorevole considerando il mio grande interesse per l’oggetto dell’articolo principale della rivista: il carro armato E-75. Si tratta chiaramente di un estratto del libro “Wehrmacht 1946” di recente pubblicazione da parte del medesimo editore. Nonostante la mossa astutamente commercialemirata ad incentivare l’acquisto di quest’ultimo, l’articolo in questione è molto ben fatto e pienamente apprezzabile. Il testo è di sicuro il meglio attualmente estraibile dai documenti esistenti e non mancano disegni tecnici e profili ad arricchire le pagine del dossier. Suggerisco caldamente a chiunque fosse interessato di procurarsi la rivista in oggetto pur nella consapevolezza che moltissimo è affidato a speculazioni a causa delle poche informazioni certe sullo sviluppo dell’intera serie Ee del E-75 in particolare (ricordo che solo l’E-100 era ad uno stadio di sviluppo avanzato al momento della fine della guerra e solo perché fu recuperato il lavoro svolto da Henschel un paio d’anni addietro per la realizzazione del progetto concorrente al “Maus”).
Al secondo posto, in una personale graduatoria di interesse, pongo la disamina sui vari tipi di mezzi corazzati usati dagli Alleati e dai Tedeschi nel corso della battaglia di Normandia. La concisa descrizione dei pregi e dei difetti di ciascun modello emergenti nel contesto ambientale normanno è decisamente interessante benché non sia altro che l’estremo sunto di pubblicazioni precedenti come “Dueldansle Bocage”, la cui lettura consiglio vivamente anche in questa sede.Degno di nota è anche l’articolo dedicato al Scout car “Dingo” inglese e soprattutto la seconda parte della disamina sui carri italiani che dimostra l’impreparazione della nostra industria bellica.
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