Trucks & Tank Magazine n.29 Janvier/Fevrier 2012
L’articolo principe di questo numero è dedicato ad una disamina dell’operato della Panzerwaffe in Normandia. Il verdetto è netto: ad esclusione di alcuni exploit eclatanti, la prestazione delle Panzerdivision in Normandia è generalmente deludente (almeno considerando gli scopi offensivi per cui sono create le divisioni corazzate). Non è certamente un giudizio nuovo né sorprendente considerando come si svolsero i fatti. Degna di nota, però, è il particolare ambito esaminato: le caratteristiche dei mezzi a disposizione dell’esercito tedesco. Ricollegandosi ad un discorso più ampio oggetto di interessante dissertazione lungo i vari numeri della rivista (dissertazione di cui dovreste avere ormai una certa idea anche voi se avete letto quanto precede), vengono esaminate le limitate potenzialità di Panzerdivision che, create per il fronte orientale, si trovarono ad essere impeigate in un ambiente a loro estraneo quale fu la Normandia. Carri armati come i Panther ed i Tiger erano sviluppati espressamente per operare sul fronte russo e, quindi, in presenza di ampi spazi di manovra, di profondi campi di tiro, di zone boscose contornabili e di pochissimi centri abitati. In un “habitat naturale” di questo tipo, l’evoluzione dei Panzer prese un percorso mirato allo sfruttamento dei vantaggi offerti da tale ambiente allo scopo di pervenire ad una specializzazione essenziale alla sopravvivenza della Germania: l’annientamento delle forze corazzate avversarie.
Di conseguenza:
- I volumi dei carri poterono aumentare così da offrire una piattaforma di tiro stabile ai cannoni grazie alla generale mancanza di ostacoli nelle operazioni di manovra del veicolo;
- I cingoli poterono allargarsi per offrire migliori prestazioni su terreno molle;
- Le corazze si ispessirono principalmente sul frontale così da contenere il peso e poichè, in spazi aperti, era raro che gli avversari riuscissero a colpire ai fianchi;
- I cannoni aumentarono di calibro e dimensioni per poter essere letali fino a 2.000 metri e più;
- Le canne poterono sporgere ampiamente oltre lo scafo perché erano rari gli ostacoli che potessero impedire la rotazione delle torrette.
Si trattò, però, di una evoluzione così specializzata da legare a tal punto i Panzer alle caratteristiche del fronte orientale da trasformare quelli che in esso erano elementi di vantaggio in fattori di mortale svantaggio al di fuori di tale habitat. Questa realtà dei fatti, di cui il fronte italiano aveva già offerto prova, divenne ancora più evidente in Normandia poiché essa era caratterizzata da fattori ambientali agli antipodi rispetto a quelli del fronte orientale: spazi di manovra inesistenti, percorsi stetti e predeterminati, abbondanza di ostacoli e di impedimenti alla rotazione delle torrette, presenza di numerosi centri abitati e di vegetazione lussureggiante nonché linea del fronte a compartimenti ristrettissimi che imponevano scontri a distanze massime di 200/400 metri. Soprattutto quest’ultimo fattore annullava la superiorità dei cannoni tedeschi e rendeva efficaci anche quelli dalle caratteristiche mediocri che equipaggiavano Sherman e Cromwell.
E’ chiaro che a queste condizioni i Panzer di nuova generazione come i Panther ed i Tiger erano costretti ad operare entro vincoli che li ponevano in nettissimo svantaggio. Nei fatti era come chiedere ad un orso di cacciare nella savana o ad un ghepardo di farlo fra i fitti boschi europei.
In conseguenza di tutto ciò la campagna di Normandia fu per la Panzerwaffe un enorme ed inutile spreco di materiale altamente performante e, in definitiva, era il Panzer IV il carro tedesco più adatto alla Normandia e, in generale, a quello europeo, nonché (principalmente in ruolo difensivo) lo Stug III e IV.
I restanti articoli sono dedicati soprattutto allo Stug IV ed al T-28 sovietico.
Il comparativo mette a confronto il P40 con l’M4A1 con netta vittoria del carro italico a condizione di equipaggiarlo con proiettili a carica cava.