00 27/11/2010 18:28
il tigre di biscari - sicilia


Il Tigre di Biscari

La storia del Tigre di Biscari (oggi Acate) mi ha tenuto col fiato sospeso per alcuni giorni, fino alla soluzione dell’enigma trovata con gli amici Federico Peyrani e Giovanni Iacono. Le foto in nostro possesso mostravano inequivocabilmente due situazioni estremamente diverse: in una si vedeva un tigre distrutto con la torretta divelta e le case diroccate dai bombardamenti, nell’altra una via con le case intatte, il tigre pulito e fiammante e posto in un luogo diverso dal primo. Com’era possibile tutto cio? Evidentemente il carro era stato fotografato prima intatto e poi distrutto … penserete voi! Invece no, le date delle foto erano invertite, prima quello distrutto e poi quello intatto! Fino al punto da farmi pensare che si trattasse di due carri diversi. Ma Giovanni insisteva a dirmi che i vecchi del suo paese si ricordavano di un solo tigre e non due. Alla fine durante una bella mostra di cimeli al castello di Acate (organizzata da Giovanni), siamo riusciti a trovare un testimone che ricordava bene tutta la storia; inoltre mi accorsi di una quinta foto (via Federico) che ritraeva il tigre intatto, ma con le ruote dei cingoli incendiate! Risolto l’enigma.
Durante i primi giorni dello sbarco, probabilmente il 12 luglio 1943, i tedeschi in ritirata che davanti alla Piana di Gela avevano già perso almeno 6 Tigre (di cui uno alla stazione di Acate), stavano ora perdendo il settimo. Dalle testimonianze dirette ricevute abbiamo appreso che il Tigre faceva avanti e indietro lungo il Corso Indipendenza di Biscari, sparando ora verso la Piana di Gela, ora verso Vittoria. Il paese di Biscari si trova in cima ad un pendio e domina tutta la vallata sottostante. Probabilmente un guasto meccanico aveva bloccato la trasmissione del carro, impedendo le operazioni di sterzo, cosicchè il carro poteva (secondo me) andare solo avanti o indietro … forse con un solo cingolo attivo. Essendo impossibili le operazioni di recupero nel bel mezzo dei combattimenti, si decise quindi di utilizzare il carro come casamatta mobile, almeno fino a quando la cosa fosse possibile. Dico questo perché non mi spiego altrimenti il fatto che il mezzo sia stato abbandonato a Biscari dal suo equipaggio. Per metterlo fuori uso i carristi gli diedero fuoco utilizzando l’ultima tanica di benzina rimasta (che quindi avrebbe permesso altri km di ritirata) proprio prima dell’avanzata nemica che stava isolando il paese. Il fuoco fece esplodere a tempi alterni le munizioni che ancora stavano all’interno del carro ed i boati sentiti in lontananza diedero alle truppe americane l’impressione che il carro fosse ancora operativo e che stesse ancora sparando, rallentandone ulteriormente l’ingresso in paese, che venne comunque pesantemente bombardato come possiamo ben vedere nelle foto.
La popolazione di Acate nei giorni precedenti lo sbarco era scappata nelle campagne, ma la notte del 9 luglio, con l’arrivo dal cielo dei paracadutisti alleati, tutti ritornarono in fretta in paese e si rifugiarono nel castello. Tra i caduti nei combattimenti ad Acate contro i paracadutisti americani vogliamo ricordare il Ten. Dauccia (Nucleo Anti paracadutisti) che con i suoi uomini corse a combattere il nemico e venne ucciso. Obiettivi importanti degli alleati erano gli aeroporti di Santo Pietro e di Ponte Olivo. Altra toccante testimonianza fu quella di un ragazzo di allora che mentre raccoglieva susine scivolò su quelle che gli risultarono poi essere i resti e le viscere di un aviatore, un trauma mai sopito.
I tedeschi, che avevano una loro base all’ingresso del paese, presso un monastero, accorsero anch’essi al castello, informati della presenza di un paracadutista americano là rifugiatosi e se lo portarono via. Poi lasciarono il paese iniziando quella lunga ritirata che li porterà a Messina.

La foto del tigre “intero” fu scattata nel gennaio del 1944. Nei mesi precedenti si cercò in tutti i modi di portare via da Acate quel mostro d’acciaio, senza riuscirci (per la gioia dei ragazzini che ci salivano sopra). Fu spostato due volte sempre lungo la stessa via (poche decine di metri da Corso Indipendenza, 47 al 21), con l’aiuto di buldozer. Ecco perché le foto appaiono in posti diversi. Inoltre la canna del cannone posta di traverso si incastrava continuamente nei muri delle case, rendendo impossibile il procedere; fu quindi necessario ricomporre la torretta e raddrizzarla, come si vede nella foto del ’44 in cui il carro appare “ben ordinato e lavato” (forse dalla pioggia). Alla fine si riuscì a trascinarlo fuori paese e a scomporlo in parti d’acciaio per portarlo via “a pezzi”.
Ma la testimonianza non finisce qui e ci ricorda che anche alla stazione ferroviaria di Acate giaceva fermo un altro mostro come quello, che si vedeva tutti i giorni, passando col treno per andare a Gela a studiare. A Gela, appena prima di arrivare in città, sulla destra c’era anche un deposito di mezzi militari italiani abbandonati che restarono lì per parecchio tempo.

Lorenzo Bovi