ECCO COME SI DIVENTA UN PARA'-TESTIMONIANZA DI UN REDUCE
24 marzo 1999. E' una data che non dimenticherò mai. La partenza in treno da Roma, l'arrivo alla stazione di Verona. Ricordo ogni attimo.
Viaggiai tutta la notte, arrivai al Reggimento la mattina verso le 10.30. L'impatto fu tosto, ma non sconvolgente. Ci insegnarono subito la disciplina militare, alcuni (molti) soffrirono questa cosa, io no, ero orgoglioso di impararla. In fondo lo avevo voluto io. Ed era quello che i nostri Comandanti ci dicevano sempre: "siete volontari, nessuno vi ha detto di venire quì"
Ebbi anche io momenti difficili da superare. Per più di due mesi non andai a casa, ma nessuno me lo aveva ordinato di arruolarmi. Ricordo che inizialmente sentivo un leggero dolore alla schiena nello stare nel riposo alto e formale, era nulla in confronto all'addestramento che avrei vissuto nella Brigata Folgore...
Per mia grande fortuna trovai a Verona un'amico, un Caporal Maggiore Istruttore, Francesco Corsetti, ci conoscevamo da anni, frequentavamo la stessa comitiva nella stessa città, eravamo Grandi Amici. Nessun favoritismo, tra l'altro non era nella mia compagnia, ma un'importante aiuto psicologico. Per la prima volta mi trovavo lontano dalla mia famiglia senza poter contare su di loro. La mia svolta psicologica fu in una sua frase i primi giorni, mi guardò fisso negli occhi e mi disse: "Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare". Oggi Francesco non c'è più, un incidente in mare ce l'ha portato via per sempre, vorrei ricordare il suo modo di scherzare e di sdrammatizzare nei momenti difficili. Senza di lui, sarebbe stato diverso.
Ero stato inquadrato nella V Compagnia "Cobra", una compagnia composta per la maggior parte da Bersaglieri, Alpini e fanti, nessun Paracadutista. Mio dio... anzi, a sentir parlare questi uomini, i Parà non valevano granchè... solo chiacchieroni. Avevo un sergente bersagliere che si sentiva Rambo ma non sapeva neanche leggere una cartina topografica, usciva in pattuglia stile scampagnata, senza armi, senza gibernaggio... viste le sue incapacità militari nella Brigata Folgore avrebbe pulito i cessi per tutta la vita. L'unica persona che ne sapeva di addestramento militare era un Volontario in servizio permanente degli Alpini, un ragazzo siciliano che era stato l'unico della mia Compagnia ad aver partecipato a missioni all'estero.
Mi adattai, aspettai il mio momento. Dopo una ventina di giorni arrivarono Loro, i selezionatori della Folgore. Si presentarono due Uomini, un Tenente RS, con un passato nelle forze speciali del Col Moschin, una drop tappezzata da brevetti esteri e missioni, ed un Maresciallo sullo stesso stile. Avevano una voce forte e decisa, fisici da atleti, due vere belve, nulla a che vedere con i Marescialli pancioni che avevo visto fino a quel momento. Non ricordo i loro nomi, ricordo che venivano da Pisa, guardavano noi volontari con la sguardo di uomini che vogliono adottare dei figli, e due occhi lucidi che vogliono dirti che se vuoi essere il migliore, devi andare da Loro. Ricordo anche che tutti all'interno del Reggimento, per due giorni smisero di parlar male dell'Eroica Brigata, bersaglieri compresi. Ci fecero vedere nella sala cinema di Reggimento un filmato sulla Brigata Folgore, dalla Battaglia di El Alamein fino agli novanta, soffermandosi sugli eventi più significativi, Somalia in primis.
Bene, quel filmato rafforzò ancor di più il mio concetto: Loro erano i migliori. Ed io dovevo andare da Loro.
Il giorno dopo selezioni fisiche. Corsa, salto in alto, flessioni, trazioni alla sbarra. Feci un certo sforzo a superarle tutte, non lo nego. Ma tenevo talmente tanto a quell'appuntamento che nei giorni passati mi ero allenato moltissimo.
Il resto della mia permanenza a Verona fu costellata da addestramento formale, ed un'a.i.c. (addestramento individuale al combettimento) da bambini. Pattuglie ridicole, mai letta una cartina topografica. Bisognava "fare numero" nell'Esercito, i VFB erano nati da poco, ancora esisteva la leva, quindi la politica era: facciamogli fare cose da bambini, così nessuno si fa male e lo Stato Maggiore è contento. Ricordo però un Capitano, Comandante della II Compagnia, un Paracadutista: faceva indossare ai suoi allievi gibernaggi con all'interno mattoni di terracotta, armi individuale per tutti, istruttori compresi (nella mia Compagnia per questi era un'optional a loro discrezione). E ricordo il Comandante di Reggimento che lo elogiò davanti a tutti all'alza bandiera: "Bravo Bruno, Bravo, è così che si addestrano dei soldati". Su quest'uomo, occhi celesti di ghiaccio, silenzioso anche con i propri parigrado, sempre pronto a rispondere al tuo saluto in modo militare, giravano incredibili leggende sul suo passato in Somalia.
Tuttavia le pattuglie che feci a Verona furono importanti per abituarmi al peso dello zaino... ricordo gli altri allievi che bestemmiavamo a destra e a manca, io invece rimanevo nel mio silenzio e nella mia sofferenza, sapendo che quel peso sulle spalle spesso insopportabile, era necessario per ben figurare nei ranghi della Brigata come Fuciliere. Perchè scelsi di fare il Fuciliere. E fui accontentato.
Il 21 giugno 1999 da Allievo VFB, divenni Caporale VFB. Incarico Fuciliere Paracadutista, destinazione Cesano (Roma), Scuola di Fanteria per il relativo Corso. Fu una bella soddisfazione, ma dovevo ancora sbarazzarmi del basco nero